Nel mondo classico greco, il teatro nasce dalla rappresentazione di miti che appartengono al patrimonio religioso. E, millecinquecento anni dopo, rinasce nel mondo cristiano medievale, nelle chiese di mezza Europa…
La storia ci racconta che, nonostante gli onori e i successi ottenuti in vita, Adriana Lecouvreur, grande attrice della Comédie Francaise morta nel 1730, fu sepolta in riva alla Senna, su terra sconsacrata e senza nemmeno un segno di pietà religiosa. E non fu nemmeno un caso isolato, perché già da molti secoli il mestiere dell’attore si portava l’impronta della maledizione. Teatro ed esperienza religiosa sono stati per molto tempo su versanti opposti, anzi, contrapposti. In Inghilterra per esempio, nel Seicento, in epoca di riforma puritana, Oliver Cromwell decretò la distruzione di tutti i teatri. Eppure, per ironia della storia – e la storia è spesso maestra d’ironia –, le origini del teatro nella nostra civiltà sono strettamente legate all’esperienza religiosa. Anzi, possiamo affermare senza esitazione che nella nostra civiltà il teatro nasce dal sacro.
Sin dall’antica Grecia
Facciamo un lungo salto indietro e portiamoci all’epoca degli antichi Greci, là dove il teatro è nato. La religione dei Greci è popolata da tante divinità, tanti diversi culti. Ecco, attorno all’ara sacra, il coro dei sacerdoti e dei fedeli che intonano le lodi del dio, accompagnando il canto con passi di danza rituale. E qui già sembra anticiparsi un’azione scenica. Possiamo immaginare che, staccandosi dal gruppo corale, un sacerdote abbia intonato le lodi del dio o del semidio o dell’eroe, rievocandone la storia. Ecco: il rito si sta trasformando in evento scenico, che è già in qualche modo uno spettacolo, e dentro allo spettacolo nasce il personaggio. E col personaggio nasce il teatro.
Il prodigio prende forma con una velocità impressionante.
Tralasciando la figura leggendaria di Tespi, sesto secolo a.C., antico teatrante greco su cui non abbiamo testimonianze certe, ecco, alcuni decenni più tardi, tra il 525 e il 456 a.C., Eschilo. Eschilo è il primo grande poeta tragico i cui testi siano giunti fino a noi. Il protagonista della sua opera più nota, il Prometeo incatenato, è scolpito con sapienza drammaturgica. Prometeo è incatenato alla roccia, condannato da Zeus a espiare in eterno la colpa di aver rivelato agli uomini il segreto del fuoco. Tutta la tragedia si muove in un susseguirsi di apparizioni e sparizioni di varie divinità attorno all’eroe incatenato. C’è ancora, in questa tragedia, l’armosfera di un rito sacro.
Dopo Eschilo, in Sofocle, ateniese, vissuto tra il 497 e il 406 a.C., il disegno drammaturgico arriva a una piena maturità. Il suo Edipo è un eroe in cammino che, ripercorrendo l’itinerario doloroso della propria vita, s’incontra con la dimensione misteriosamente tragica di sé stesso: il parricidio, l’incesto. Qui la tragedia è scandita, scena dopo scena, dall’incedere degli eventi. Il protagonista, anch’egli nato dal mito, non è più inchiodato come Prometeo all’altare del sacrificio, ma si muove nella reggia che ha conquistato, si dibatte all’interno della sua stessa vicenda, diventandone il motore, in un modernissimo dramma della conoscenza.
In principio fu la Messa
Nel mondo classico greco, dunque, il teatro e i suoi personaggi nascono dalla rappresentazione di miti che fanno parte del patrimonio religioso. Millecinquecento anni più tardi, dopo la fine della civiltà classica, seguita da alcuni secoli di oscurità, il teatro rinasce nel mondo cristiano medievale. E rinasce nelle chiese di mezza Europa, come primitiva evoluzione della liturgia della Messa. Ancora una volta, il legame tra teatro ed esperienza religiosa è inscindibile. Così nasce il dramma liturgico, che fa la sua apparizione ancor prima dell’anno Mille, e proprio nella liturgia pasquale. I momenti della Passione, seguendo fedelmente il racconto evangelico presente nelle letture della Messa, vengono rivissuti sotto forma di brevi scene, con dialoghi cantati tra i personaggi.
Nella prima di queste azioni sceniche, le tre Marie, devote seguaci di Gesù tra le quali la più nota è Maria Maddalena, si sono recate al sepolcro di Cristo per ungerne il corpo, ma trovano il sepolcro vuoto. Gli angeli annunziano loro che il Cristo che stanno cercando è risorto. È il dramma liturgico noto come Quem quaeritis? cioè Chi cercate? Altri momenti della narrazione evangelica diventano dialoghi drammatici, cantati nella lingua della liturgia, cioè in latino. Ed è sempre il sacerdote più alto in grado a rappresentare la figura di Cristo, affidando agli altri chierici, ai diaconi, ai laici, i personaggi degli apostoli, delle pie donne, dei sacerdoti del Sinedrio, di Pilato, dei soldati romani, eccetera. Una cosa è chiara: è il rito sacro della Messa la matrice del primitivo teatro cristiano, perché la Messa, già allora come anche oggi d’altra parte, ha sempre posseduto una fortissima valenza drammaturgica.
Il dramma liturgico ben presto si movimenta con antefatti e sviluppi scenici. Per esempio, nel Quem quaeritis? le pie donne, prima di avvicinarsi al sepolcro, si recano da un mercante ad acquistare l’olio prezioso per ungere il corpo del Cristo morto. E il mercante, geniale anticipazione di personaggio comico, tira sul prezzo. Questo e altri personaggi di fantasia, con la loro vitalità, trasformano a poco a poco il dramma liturgico in sacra rappresentazione, una forma scenica molto più matura e complessa, ricca di tutti gli elementi classici dello spettacolo teatrale come noi lo conosciamo: il contrasto di sentimenti, la pietas religiosa, il sacrificio; ma anche di momenti comici, rappresentati da figure prosaiche come il mercante o i pastori, e persino i diavoli. Ma la vera svolta è l’uso della lingua volgare, la lingua del popolo, cioè da noi l’italiano, al posto del latino. A questo punto la Chiesa saggiamente sfratta il teatro dall’interno delle cattedrali e delle basiliche. E il teatro religioso invaderà le città.
Le sacre rappresentazioni
La sacra rappresentazione si tiene di solito sul sagrato della grande cattedrale, trasformato in palcoscenico a «luoghi deputati»; diventa una festa per tutta la comunità del luogo. Vi assistono, assieme alle autorità, tutti gli abitanti della città; tanto che molti municipi si vedranno costretti a istituire speciali corpi di guardia che durante lo spettacolo proteggano dalle incursioni dei ladri case, negozi, laboratori abbandonati. Spesso dura per tutta la giornata, dall’alba al tramonto, ed è l’avvenimento più importante dell’intero anno. Fa rivivere davanti agli occhi dei fedeli ora la vita e la passione di Cristo, ora la vita e la storia dei santi più amati, a cominciare dal santo patrono della città.
La sacra rappresentazione raggiunse il suo apice stilistico e poetico nelle laude di Jacopone da Todi (1230-1306), ebbe vita lunga, per tutto il Trecento e anche il Quattrocento, fino a Lorenzo il Magnifico, che ne fu autore. Dopo di essa si svilupperà tutto il teatro dell’Occidente cristiano. Poi, nei secoli successivi, la cultura occidentale prenderà nuove direzioni, si allontanerà dall’orizzonte cristiano, e con essa il teatro. Nel quale, oggi, il tema religioso è ormai ridotto a un’opzione meno che minoritaria. Ma questa è un’altra storia.