La rapamicina, un farmaco immunosoppressore che rallenta l’invecchiamento delle ovaie e favorisce la fertilità, non dà effetti collaterali di rilievo.
La rapamicina, un farmaco che promette di dilatare nel tempo la vita operativa delle ovaie e posticipare la menopausa, sembra essere sicura e ben tollerata nella popolazione femminile. Se i risultati preliminari di un trial clinico di fase 1, anticipati dal Guardian, fossero confermati su un ampio campione di donne, in futuro potremmo avere a disposizione un medicinale economico, già noto e in commercio da tempo, capace di prolungare di 5 anni la fertilità femminile.
Repurposing: la seconda vita della rapamicina
La rapamicina è un farmaco immunosoppressore approvato per i pazienti reduci da trapianto dalla fine degli anni ’90. Se ad alto dosaggio inibisce l’attività del sistema immunitario, a basse dosi sembra spegnere l’infiammazione e avere un effetto anti-invecchiamento. Studi sui topi hanno dimostrato che il farmaco favorisce la fertilità perché rallenta il ritmo a cui le ovaie rilasciano cellule uovo, di fatto spostando in là nel tempo l’appuntamento con la menopausa. Un nuovo studio, condotto per ora soltanto su 34 donne fino ai 35 anni di età, sembra dimostrare che il farmaco può essere assunto senza effetti collaterali, e pare aver azzeccato il corretto dosaggio.
La ricerca, coordinata dagli esperti di medicina riproduttiva della Columbia University (Stati Uniti) si chiama Validating Benefits of Rapamycin for Reproductive Aging Treatment (VIBRANT). È stata finanziata con oltre 1 milione di dollari e arriverà a includere un migliaio di partecipanti.
Il piccolo campione che ha finora aderito, ha partecipato a uno studio randomizzato e controllato con un placebo in cui occorreva autovalutare il proprio stato di salute insieme ai livelli di energie, di memoria e alla salute di pelle e capelli. Le pazienti che hanno assunto rapamicina hanno riferito un miglioramento complessivo delle condizioni fisiche, che ha portato a stimare che il farmaco potrebbe un giorno rallentare a tal punto i processi di invecchiamento femminile da offrire una durata di vita maggiore del 9-14%, grazie a un più lento deterioramento degli organi.
Fertilità più duratura
La ragione di tutto questo è che, come spiega Yousin Suh, Professoressa di Scienze riproduttive, genetica e sviluppo della Columbia University: «L’invecchiamento ovarico è il motore fondamentale dell’invecchiamento nelle donne». Finora per contrastare la fine della fertilità e l’avvento della menopausa si era agito per di più sui sintomi come gli squilibri ormonali, anziché sull’esaurimento della riserva ovarica (la quantità degli ovociti presenti nelle ovaie).
«La terapia ormonale sostitutiva è un “cerotto” per l’invecchiamento già avvenuto, ma se le donne assumono la rapamicina intorno ai trent’anni, quando le loro ovaie sono all’inizio del declino e non ci sono ancora sintomi, possono effettivamente rallentare l’intero processo di invecchiamento».
Le ovaie femminili liberano circa 50 cellule uovo ogni mese, soltanto una delle quali raggiunge l’ovulazione. A dosi contenute, la rapamicina rallenta questo processo portando le ovaie a rilasciare circa 15 cellule uovo al mese. Si stima che questo freno imposto ritardi il declino della fertilità del 20%, regalando anni fertili prima della menopausa e contrastando l’invecchiamento in generale. «Sappiamo che questo funziona negli animali, e ora, anche che è sicuro per l’uomo», spiega Zev Williams, endocrinologo dell’Irving Medical Center della Columbia University. «Adesso ci serve uno studio più ampio per mettere insieme queste due parti»
Il giusto dosaggio per ottimizzare la fertilità
Lo studio i cui risultati sono stati anticipati al Guardian farà uscire una pubblicazione ufficiale entro due anni e sarà seguito da un’ampia fase 2 che attesti l’effetto della rapamicina sulla fertilità femminile. Per ora sono stati appurati l’assenza dei possibili 44 effetti collaterali della rapamicina nonché il corretto dosaggio – 5 mg alla settimana per 3 mesi, meno della metà del dosaggio dato ai reduci da trapianto.
Troppa rapamicina farebbe infatti rallentare eccessivamente il processo fino a sospendere del tutto l’ovulazione, non certo l’effetto desiderato. Invece le donne coinvolte nello studio hanno continuato ad avere regolarmente le mestruazioni. Rimane inoltre da capire se la qualità dei follicoli (le sacche che contengono gli ovociti immaturi) rimasti nelle ovaie diminuisca in questo tempo di sosta “extra” nell’apparato riproduttivo femminile oppure no.
Il fatto che la rapamicina sia già nota, usata, economica e ampiamente disponibile dovrebbe rendere questo suo riposizionamento nell’uso molto semplice, qualora i risultati venissero confermati.